UN COMMENTO SULLA PARASHA' DELLA SETTIMANA


A proposito del totalitarismo del pensiero unico e della tirannia dell’omologazione, un rischio sempre attuale per l’umanità, una riflessione di Yeshayahu Leibowitz sulla parashà di Noach. Un monito a difendere la diversità di tutti i popoli, culturale e ambientale.

L’interessante commento di Yeshayahu Leibowitz, è tratto dal suo libro “Accepting the Yoke of Heaven: Commentary on the Weekly Torah Portion”, Urim Publications, 2022 (1° edizione 1990). Il libro è una raccolta di brevi saggi sulla lettura settimanale della Torah, basati sui discorsi radiofonici di 15 minuti che l'autore fu incaricato di tenere nel 1985/86 su Galei Zahal, la stazione radio dell'IDF in Israele.

Buona lettura!
NES Noi Ebrei Socialisti
Gherush92 Comitato per Diritti Umani


Yeshayahu Leibowitz
un commento sulla parashà Noach

Ogni volta che si menziona la parashà di Noach, si pensa comprensibilmente al diluvio. Ma a volte si ignora il fatto che la parashà è composta da due sezioni diverse. Solo la prima sezione tratta del diluvio; la seconda riguarda il mondo dopo il diluvio, ovvero il mondo in cui viviamo oggi. È interessante notare che la linea di demarcazione tra questi due mondi divide la parashà a metà. I primi 77 versi trattano del diluvio, mentre i 76 versi successivi al verso "questo è il segno del patto" (Bereshit 9, 17) si riferiscono al nostro mondo. Il patto qui menzionato è la promessa che il mondo continuerà ad esistere, con la natura che rimarrà com'è ora, a differenza del mondo precedente, la cui natura sarebbe cambiata a causa del diluvio. Da quel momento in poi, il mondo continua secondo il suo schema standard: "semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno mai" (Bereshit 8,22). Questo è il mondo in cui viviamo.
Ora, valutando questi due mondi, sembrerebbe che non ci sia alcuna differenza tra loro. Riguardo all'uomo prima del diluvio, ci viene detto: "Ogni inclinazione dei pensieri [dell'uomo] era sempre malvagia" (Bereshit 6,5), mentre dopo il diluvio si afferma: "perché l'inclinazione del cuore dell'uomo è malvagia fin dalla sua giovinezza" (Bereshit 8,21). La condizione della terra prima del diluvio era: "la terra era corrotta... e la terra era piena di violenza" (Bereshit 6,11), e il mondo dopo il diluvio inizia con ubriachezza e lascivia, seguite dalla Torre di Babele, o, come la chiamano i nostri Saggi, la generazione della separazione. È della Torre di Babele che vorrei occuparmi oggi.

A una lettura superficiale del testo, sembrerebbe che si tratti di un peccato commesso dall'umanità e della punizione che ne seguì. Tuttavia, se esaminiamo la questione in profondità, vedremo che non vi è alcun paragone tra la generazione del diluvio e la generazione della separazione. Riguardo alla generazione del diluvio, ci viene detto chiaramente: "Ogni carne aveva corrotto la sua condotta sulla terra" (Bereshit 6,12) – e il diluvio venne come punizione. Riguardo alla generazione della separazione, la Torà menziona semplicemente che progettarono di costruire una città e una torre, e di radunarsi attorno a questa struttura. Non c'è alcuna dichiarazione specifica nella Torà che deplori questo, ma come risultato di questa azione, D-o decretò che le lingue fossero confuse e che gli uomini fossero dispersi per il mondo. Ancora una volta, superficialmente, ci sembrerebbe che il decreto sia stato emanato come punizione, ma questo non è specificato.

Mi sembra che questo decreto non fosse una punizione, ma, al contrario, un'azione intrapresa a beneficio dell'umanità. Il significato principale dell'episodio della Torre di Babele non risiede affatto nel tentativo di costruire una torre, ma rimanda a quanto affermato in precedenza, ovvero che "tutta la terra – l'umanità rinnovata dopo il diluvio – aveva una sola lingua e un solo discorso" (Bereishit 11:1). Dopo il fallimento della costruzione, sorsero lingue diverse, e ciò comportò discorsi diversi. Mi sembra che la radice dell'errore o del peccato, della generazione della separazione non sia stata la costruzione di una città e di una torre, ma l'obiettivo di utilizzare questi mezzi artificiali per garantire una situazione di "una sola lingua e un solo discorso" – di centralizzazione, che, nel linguaggio moderno, sarebbe nota come totalitarismo. Una sola lingua e un solo discorso è, secondo molte persone naive dei nostri giorni, la descrizione di una situazione ideale: tutta l'umanità un unico blocco, senza differenziazioni e, di conseguenza, senza conflitti. Ma chi comprende veramente saprà che non c'è nulla di più minaccioso di questo conformismo artificiale: una città e una torre come simbolo della concentrazione di tutta l'umanità su un unico argomento, dove non ci saranno differenze di opinione e dove non ci sarà lotta su diversi punti di vista e valori. Non si può immaginare una tirannia più grande di questa, non si può immaginare una sterilità mentale e morale più grande di questa: che non ci siano eccezioni e che non ci siano deviazioni da ciò che è accettato e concordato, e che tutto ciò venga mantenuto con i mezzi artificiali di una città e di una torre.

Nella Sua misericordia e compassione per l'umanità, l’Eterno ha impedito che ciò accadesse e ha creato un'umanità in cui non può esistere un totalitarismo di completa unità. Pertanto, ci sono differenze e contrasti, differenziazioni di pensiero e di valori, e le persone devono lottare per i propri valori, per i propri obiettivi e per i propri desideri, che differiscono l'uno dall'altro.
È vero che il risultato è che la storia dell’umanità, come uno dei più grandi storici ha affermato, non è altro che il resoconto dei crimini, delle follie e dei disastri della specie umana. Questo storico (Edward Gibbon) ha detto la verità, ma non tutta la verità. È vero che la storia è il resoconto dei crimini, delle follie e dei disastri, ma è anche il resoconto della lotta degli uomini contro i crimini, contro le follie e contro i disastri, e il fatto che questa lotta esista in ogni epoca e in tutte le società umane è ciò che conferisce significato morale alla storia dell'umanità.

Non è un caso che solo dopo l'episodio della Torre di Babele, quando non c'era più "una sola lingua" e non c'era più "un solo discorso" per tutta l'umanità, Abramo poté sorgere e ribellarsi al mondo di suo padre Terach e ai suoi idoli (secondo l'Aggadà, si ribellò anche al governo di Nimrod il Malvagio). In un mondo di "una sola lingua e una solo discorso", un Abramo non potrà mai ribellarsi a Terach (e a Nimrod). L’Eterno ci ha concesso un grande favore, impedendo la concentrazione totalitaria delle persone e permettendo – e persino costringendole – a lottare per concezioni e valori, anche se questa lotta comporta grandi sacrifici, ma sacrifici di grande importanza.
Uno dei grandi saggi ebrei di un periodo successivo, Rabbi Akivà, disse, a proposito del verso "si avvicinano gli anni in cui dirai: Non vedo alcuno scopo in essi" [non provo alcun godimento] (Kohelet 12,1) – che secondo il significato letterale si riferisce alla vecchiaia dell'uomo – che questo è un accenno all'era messianica, "quando non ci saranno né meriti né colpe": in un mondo in cui tutti i problemi saranno stati risolti e ci sarà perfetta armonia, dove non ci saranno né buone né cattive azioni, e dove non ci sarà posto per lotte e sforzi, non ci sarà "alcun scopo in essi". Lo "scopo" che possiamo discernere nell'esistenza consiste proprio nella differenziazione – nei punti di vista contrastanti e nelle differenze per cui le persone lottano e per cui combattono, ed è per questo che la loro esistenza acquista valore morale.
(Yeshayahu Leibowitz)



NES Noi Ebrei Socialisti
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Data: 2025-10-24
Autore: NES Noi Ebrei Socialisti

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