CULTURA CONTRO IDOLATRIA


 
CULTURA CONTRO IDOLATRIA

Dopo l’attacco lanciato alcuni giorni fa agli Houthi, il Ministro della Difesa Israel Katz dichiarava: "Come avevamo avvertito gli Houthi in Yemen, dopo la Piaga delle Tenebre arriverà la Piaga dei Primogeniti. Chiunque alzi una mano contro Israele, la sua mano verrà tagliata", lasciando intendere che i terroristi erano ben consapevoli delle conseguenze delle loro azioni bellicose contro Israele e che “piaga delle tenebre” e “piaga dei primogeniti” si riferirebbero alle centrali elettriche e al palazzo presidenziale della capitale Sanaa colpiti per rispondere ai continui ingiustificati attacchi a Israele dallo Yemen.

Questo linguaggio tracotante, da parte di alcuni ministri del governo israeliano, che fa trasparire un sentimento di onnipotenza, ci sembra grave da un punto di vista ebraico. E va condannato.
Esternazioni minatorie, minacciose e punitive di questo tipo, con richiami “impropri” alla Torà, finiscono con il mettere in imbarazzo e difficoltà, persino in pericolo, anche noi ebrei della diaspora, che veniamo giudicati per certe dichiarazioni culturalmente indifendibili mentre siamo investiti da un’ondata di antisemitismo.

Il governo di Netanyahu – vale la pena ricordarlo – non ha ricevuto un mandato divino per condurre la guerra in atto contro il terrorismo jihadista e non combatte nel nome del D-o delle Schiere. L’Esercito non è formato per l’appunto da “partigiani di D-o”, ma da giovani uomini e donne che portano da quasi due anni un peso e un dolore molto grandi a causa di questa guerra. Israele è un paese democratico, ancora, dove l'osservanza delle mitzvot è garantita ma l'uso della Torà come propaganda ideologica è un pericolo per la società nel suo complesso.
Alcuni ministri del Governo di Israele rievocano le Scritture pensando forse di sostituirsi a Moshe Rabbenu, ai Profeti tutti o addirittura al Creatore: c’è chi, per proprio tornaconto, annuncia e si adopera per ricostruire il terzo tempio, chi per occupare tutta la Giudea e la Samaria come durante il regno di Israele, chi addirittura si sente al posto del malach hamavet, l’angelo della morte, chi minaccia sventure e piaghe.
Nelle parole di questi ministri, che sono i rappresentanti di un popolo in guerra, la terra e la forza militare diventano così pericolosi idoli, inseguendo con fervore i quali si trascende la realtà, si sottovalutano i problemi emergenti, si dimenticano le questioni vitali, si rischia di agire secondo istillate passioni invece che secondo giustizia.
Come sappiamo, la Torà ci insegna a distruggere gli idoli, a combattere l’idolatria e a essere vigili e responsabili nell’ambito di ciò che ci accade.

Un esempio di questo atteggiamento di fanatica ed inflessibile autoesaltazione, che ci è sembrato privo di senso di responsabilità e realismo politico, è stata la richiesta di questi giorni di “un voto di principio” contro un accordo parziale per il rilascio degli ostaggi rapiti da parte di alcuni ministri, fra i quali Itamar Ben Gvir, che hanno espresso opposizione, mentre l’Esercito esprimeva il suo sostegno all’accordo.

Il dovere di sconfiggere il male rappresentato da quei regimi che perseguono da decenni la distruzione dello Stato di Israele dal Medio Oriente e la cancellazione del popolo ebraico, non ci rende ipso facto i rappresentanti del Bene che agiscono in nome e per conto del Creatore. Proprio questa è la retorica, che rigettiamo, usata da rappresentanti della Repubblica Islamica dell’Iran quando si dichiara in lotta contro il grande e il piccolo Satana e, per questo, finanzia gruppi armati (come Hamas) che hanno il compito di uccidere ebrei e occidentali; proprio questa è la propaganda che nasce da una visione falsa e manichea, dove il bene si trova tutto da una parte e il male solo dall’altra, mentre il pericolo concreto è l’idolatria di un’ideologia staccata dalla realtà.

Nulla di più distante dalla Legge e dalle regole ebraiche.

Oggi è quanto mai necessaria una risposta culturale alla ideologia distruttiva di Hamas e della jihad Islamica che sia frutto di una riflessione ebraicamente responsabile. Il senso di responsabilità torni ad essere la guida nelle decisioni utili a proteggere gli ebrei di Israele e della diaspora in balia di una ondata di antisemitismo preoccupante. E certi politici, invece di inneggiare gagliardamente alle piaghe delle tenebre e della morte dei primogeniti, come fossero essi stessi l’Eterno, potrebbero tacere e agire a salvaguardia della vita, avendo in mente la parashá del re, che è obbligato ogni giorno a studiare umilmente la Torà.

Contro una degenerazione politica resa manifesta da dichiarazioni incrociate autoreferenziali e idolatriche, svincolate dalla realtà, che soffiano sul mare di propaganda che in questi giorni attraversa con la Flotilla il Mediterraneo, una via di uscita esiste. E’ la forza che viene dalla responsabilità della Legge e dall'empatia verso gli altri, quel sentimento di una keillà solidale che, nonostante mille difficoltà, il popolo ebraico conserva integro.

La Torà ci guida da secoli su questa strada che noi Ebrei Socialisti chiamiamo del Socialismo Ebraico. E oggi la solidale responsabilità è continuare a chiedere ad Hamas la resa e la liberazione degli ostaggi rapiti e ai Palestinesi che hanno appoggiato i terroristi per la distruzione di Israele, di fare teshuvà e trovare le radici per la pace e lo sviluppo.

NES Noi Ebrei Socialisti
Gherush92 Comitato per i Diritti Umani



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Data: 2025-09-03
Autore: NES Noi Ebrei Socialisti e Gherush92

Commenti

  1. Bravi, questo è un ragionare è un parlare giusto, direi profetico. Sempre i profeti hanno lottato contro la tracotanza di un potere che pretende da un lato di sostituirsi a (.) e dall’altro commette ingiustizie spacciandole per azioni di giustizia superiore.

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