UN COMMENTO SULLA PARASHA' DELLA SETTIMANA
Questa lezione tratta di argomenti la cui importanza, dice Leibowitz, è comunitaria, sociale e persino politica, ai quali Noi Ebrei Socialisti dedichiamo particolare attenzione. La legislazione sociale della Torà si esprime in almeno tre fondamentali istituzioni: la decima per i poveri, la cancellazione dei debiti nell'anno della shemittà e la legge della tzedakà. A queste aggiungiamo le leggi dello Yovel, che prevedevano ogni cinquanta anni il ritorno al proprio possesso ereditario, la liberazione degli schiavi per debito e la remissione dei debiti, con l'obiettivo di ristabilire la giustizia e l’equilibrio sociale.
Le promesse dell’Eterno di un futuro benessere non sono come un oracolo, che rivela cosa accadrà in futuro, ma una richiesta a noi di emanciparci dalla povertà e dalle altre ingiustizie, osservando le mitzvot. Leibowitz ci dice che la redenzione profetizzata non è stata realizzata con l'istituzione dello Stato di Israele.
L’interessante commento di Yeshayahu Leibowitz alla parashà di Re'eh, è tratto dal suo libro “Accepting the Yoke of Heaven: Commentary on the Weekly Torah Portion”, Urim Publications, 2022 (1° edizione 1990). Il libro è una raccolta di brevi saggi sulla lettura settimanale della Torah, basati sui discorsi radiofonici di 15 minuti che l'autore fu incaricato di tenere nel 1985/86 su Galei Zahal, la stazione radio dell'IDF in Israele.
Buona lettura!
Gherush92 Comitato per Diritti Umani
Data: 2025-08-20
Yeshayahu Leibowitz
un commento sulla parashà Re'eh
(…) La parashà di Re'eh tratta quasi interamente delle mitzvot relative alle questioni pubbliche. Queste, naturalmente, riguardano anche ogni singolo individuo, ma principalmente l'organizzazione della comunità all'interno di un quadro giuridico e politico in conformità con la Torà.
La prima mitzvà è quella di eliminare l'idolatria dalla Terra d'Israele: l'idolatria dei Cananei e le manifestazioni di idolatria in Israele, cioè guardarsi dal falso profeta, da colui che istiga altri all'idolatria, ed eliminare la città idolatra. …
(...)
Un altro tema, la cui importanza è comunitaria, sociale e persino politica, è la legislazione sociale della Torà, che si esprime in tre importanti istituzioni: la decima per i poveri, la cancellazione dei debiti nell'anno della shemittà e la legge della tzedakà.
Nel poco tempo a nostra disposizione, vorrei discutere, anche in questo caso solo superficialmente, la questione della legislazione sociale, all'interno della quale compaiono due versi molto noti, di cui si dovrebbe esaminare la relazione e la connessione – o forse la contraddizione – tra essi. Riguardo alla cancellazione dei debiti, ci viene detto: "Del resto presso di te non ci sarà nessun povero perché l’Eterno ti benedirà ..." (Devarim 15,4). Invece, riguardo alla tzedakà, a proposito dell’ordine di non serrare la mano e indurire il cuore, si afferma: "I poveri non scompariranno mai dalla terra…" (Devarim 15, 11). La contraddizione tra questi due versi è solo apparente. Non si dovrebbe intendere "non ci sarà nessun povero" come una promessa, ma come una richiesta che ci viene rivolta. Abbiamo il dovere di prevenire circostanze in cui ci saranno poveri tra noi, osservando le mitzvot della cancellazione dei debiti nell'anno della shemitta e osservando tutte le altre mitzvot di significato sociale. Senza queste disposizioni, che siamo obbligati a far rispettare, l'altro verso sarà vero: "I poveri non scompariranno mai dalla terra". La povertà non scompare da sola. In altre parole, dove esiste la povertà, la povertà non scomparirà da sola, e non si dovrebbe confidare che scompaia tramite Colui che "apre la Sua mano e soddisfa i bisogni di ogni essere vivente" (Tehillim, 145,16). Piuttosto, l’Eterno ci chiede di fare in modo che non ci siano poveri sulla terra.
Questo aspetto è importante, perché da esso possiamo comprendere molte cose, sia nella Torà che nei Profeti, che sembrano affermare che certe promesse si manterranno comunque. Ma la connotazione di una promessa divina non è come un oracolo, che rivela cosa accadrà in futuro. Una promessa divina è sempre una richiesta rivolta all'uomo: questo è il modo in cui le cose dovrebbero essere. Così le Tosafot, un'opera fondamentale dell'ebraismo rabbinico, scritte circa 2.500 anni dopo il dono della Torà, interpretano le promesse profetiche, e questo ha un significato profondo: "Nessun profeta predice se non ciò che deve essere", e non c'è garanzia che sia così. Questo vale anche per la redenzione di Israele e il ritorno alla sua terra: tutto questo è ciò che deve essere, ma se sarà così dipende, almeno in una certa misura, da noi.
L'argomento che stiamo trattando è un paradigma di questo: è giusto che non ci siano poveri, ma questo non è garantito, anche se la Torà dice "non ci sarà nessun povero, perché l’Eterno ti benedirà". La benedizione dell’Eterno è subordinata al fatto che faremo tutto ciò a cui siamo tenuti per liberarci dalla povertà, e se ciò non avviene, allora "i poveri non scompariranno mai dalla terra". E da questo dovremmo imparare qualcosa sulla grande destinazione e sulle grandi promesse all'intero popolo ebraico: promesse straordinarie, tra le più straordinarie di tutte, furono fatte da Amos, Geremia ed Ezechiele alle dieci tribù, riguardo al loro ritorno dall'esilio. Queste profezie non si sono adempiute, ma ciò non mina la nostra fiducia nei "profeti di verità e giustizia". Ciò che profetizzavano era ciò che doveva essere, ed evidentemente non eravamo degni di vedere queste promesse adempiute.
(Yeshayahu Leibowitz)
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Data: 2025-08-20
Autore: NES Noi Ebrei Socialisti
Ecco una delle Parasciot più significative del testo biblico: è vero che noi siamo testardi e ripetiamo questi insegnamenti con noiosa caparbia, ma se non lo facessimo non saremmo ebrei ...
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