QUEL(LA) RAPPORTEUR MOLTO SPECIAL
QUEL(LA) RAPPORTEUR MOLTO SPECIAL
Un contributo ai lavori dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
“Qualsiasi movimento per i diritti umani, per la pace e per la giustizia, deve essere equo con tutte le parti; deve riconoscere i diritti di tutte le parti; ottenere l’accordo di tutte le parti; e conquistare la fiducia di tutte le parti.” (Rav Jonathan Sacks)
L’intrinseca unilaterale parzialità, connaturata alla carica di Special Rapporteur sulla situazione dei diritti umani nei territori Palestinesi, ne invalida il risultato che è inevitabilmente distorto, unilaterale e parziale, orientato alla sola difesa dei diritti dei palestinesi.
Ma chi sono gli Special Rapporteur?
Gli Special Rapporteur sono esperti indipendenti nominati dallo United Nations Human Rights Council (UNHRC) per esaminare, monitorare e riferire su specifiche tematiche o su specifici paesi; offrono consulenza gratuita e volontaria con supporto tecnico dell’ Office of the High Commissioner for Human Rights (OHCHR). Nel 2024-25, 45 thematic mandates trattano di diritti umani legati a temi con valenza globale (ad es.: tortura, libertà di espressione, ambiente, povertà estrema, violenza sulle donne, diritti degli anziani, acqua potabile, diritto al cibo, razzismo, cambiamenti climatici, diritti umani dei migranti, etc.) e 14 country-specific mandates indagano la situazione di un paese ritenuto critico (ad esempio la Corea del Nord, Eritrea, Iran, Myanmar, Sudan del Sud, Palestina – i Territori Occupati, Burundi, Bielorussia, ecc.).
In particolare, lo Special Rapporteur on the situation of human rights in the Palestinian territories occupied since 1967 è un mandato specifico per un Paese.
La nomina avviene su candidatura spontanea valutata da un Gruppo Consultivo, che propone una piccola lista al Presidente del Consiglio, il quale designa il prescelto previo consenso regionale. Non è un’elezione da parte di tutti i membri ONU, ma una designazione tecnico-politica decisa nell’ambito delle dinamiche di maggioranza del Consiglio dei Diritti Umani, dove siedono regolarmente paesi dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) che sostengono la causa palestinese. Da non trascurare anche il fatto che una consulenza volontaria e gratuita, lavorare cioè senza emolumenti, in un ruolo così critico come quello dello Special Rapporteur nei territori in conflitto, rischia di minarne profondamente l’indipendenza.
Il mandato sulla Palestina, focalizzato solo su presunte violazioni israeliane, non su Hamas o su l’Autorità Palestinese, è unico perché nessun altro mandato country-specific si concentra esclusivamente sulle azioni di una sola parte del conflitto, come avviene per Israele.
Israele non riconosce la legittimità del mandato stesso, che considera intrinsecamente pregiudizievole (inherently biased). Le critiche sistemiche riguardano proprio il fatto che il mandato si concentra solo su Israele, senza competenza sulle violazioni da parte di Hamas o dell’Autorità Palestinese. D’altra parte, dagli osservatori occidentali più equilibrati viene considerato come non conforme al principio di imparzialità delle Nazioni Unite e viene spesso citato come esempio di pregiudizio istituzionale (institutional bias) nelle critiche verso il Consiglio per i Diritti Umani da parte di Stati Uniti, Israele e di diversi Centri Studi e Ricerche occidentali. E gli stessi Rapporteur, che a causa del mandato restrittivo, non possono affrontare il conflitto in modo olistico, contribuiscono a una narrativa unilaterale.
Da non trascurare il fatto che i Rapporteur negli ultimi 25 anni provengono tutti da un background umanitario o accademico orientato alla difesa dei diritti palestinesi. Sono selezionati attraverso procedure in cui i paesi membri dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica hanno un peso determinante sia nella lista di candidati che nell’approvazione finale. Mai sono state incluse nella lista candidati con un approccio anche minimamente favorevole alle posizioni israeliane.
In definitiva, i criteri di nomina, l’influenza dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica e la natura stessa del mandato portano all’elezione di Rapporteur con un orientamento critico verso Israele. Non si tratta necessariamente di una selezione di “attivisti anti-Israele”, ma di una conseguenza sistemica delle regole, del contesto geopolitico ONU e della definizione stessa del mandato.
Esiste dunque un grave connaturato pregiudizio, intrinseco alla carica di Special Rapporteur sulla situazione dei diritti umani nei territori, che ne invalida il lavoro inevitabilmente unilaterale, parziale e ingiusto. Per questo, Noi Ebrei Socialisti invitiamo il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni a rimuovere quel Rapporteur, nel suo incarico fazioso e limitato, e a eleggerne uno nuovo con mandato in Medio Oriente per la Trattativa Culturale Permanente, i Diritti Umani e la Pace, aperto ai contributi delle parti in causa.
NES Noi Ebre Socialisti
Gherush92 Comitato per i Diritti Umani (ECOSOC)
Per leggere Il Manifesto (clicca qui)
Per info scrivi a +39 371 349 8062 (WA) o gherush92@gmail.com
Data: 2025-09-22
Autore: NES Noi Ebrei Socialisti
Brave/i, shanà tovà
RispondiEliminaPerchè sempre nessun giornalista in Samaria, Giudea e Gaza?
RispondiElimina