7 OTTOBRE NELLA CITTA’ DELLA STRAGE
NELLA CITTÀ DELLA STRAGE
Lévati, e va nella Città della Strage.
Recati nei cortili,
e vedrai coi tuoi occhi, toccherai con la mano
sopra le siepi, i muri, gli alberi, le pietre
sangue coagulato, cervella aggrumolate:
quelle dei massacrati.
Traverserai muri sventrati, passerai
attraverso macerie, i forni squarciati,
dove l'ascia fe' vuoto, fe' breccia, e buchi
e fori fece, simili a piaghe beanti, nere,
e incancrenate.
Passerai affondando tra le piume,
inciampando nei mucchi, nei detriti,
cose spezzate,
vacillando tra rottami di pergamene e libri.
Le acacie, più lontano a te si mostreranno
parate di una festa di piume e di fiori
ed esalanti un odore di sangue.
Le tue narici respireran con forza
lo strano odore d'incendio di questa primavera
tenera; e intanto con le frecce d'oro
dei raggi il sol ti ferirà radioso;
e intanto da ogni briciolo di vetro
sprizzeranno gioiosi scintillii,
quasi una beffa per la tua sventura.
Perché Dio ha inviato
la primavera e l'assassino insieme:
e brillò il sole, e l'acacia fiorì,
sgozzò lo sgozzatore.
Ed entrerai in questo cortile,
dove furono insieme massacrati
un giudeo e il suo cane.
Una scure medesima li uccise,
nel medesimo sterco fûr gettati:
nel miscuglio del lor sangue impastato
ora grufola il porco.
Domani al fiume li trarrà la pioggia,
o in uno scolo, o in una chiusa,
ovvero un cardo secco la sua sete
vi spegnerà. Poi tornerà la pace
come se nulla fosse capitato.
E salirai alle mansarde cupe,
e là starai nel buio.
Nel buio sta librata ancor l'angoscia
della morte. Fioriscon da ogni buco
occhi: ti fissan silenziosamente.
Sono gli occhi dei martiri aggroppati
in quell'angolo, sotto il basso palco,
dove l'arma li ha spenti. Qui ritornano
a suggellar col loro muto sguardo
il dolor di una morte che fu inutile,
l'inutile miseria della vita.
Striscian, tremanti, curvi, nel loro carcere.
Muti i lor occhi chiedono: Perché?
E chi, chi può il silenzio sopportare
di quegli occhi, se non il muto Iddio?
E tu leverai gli occhi verso il tetto.
Le tegole saranno tutte attente.
Chiederai alle ragne sopra i muri,
testimoni oculari e palpitanti:
ed esse ti diranno quel che avvenne.
La storia ti diran del ventre aperto
e imbottito di piume;
la storia delle nari e dei cavicchi;
la storia delle teste e dei martelli;
quella degli impiccati e delle travi;
e quella del poppante ancor succhiante
al seno ghiaccio della madre uccisa;
e quella del bambino fatto a pezzi
che spirando gridava: Mamma! – questi
sono i suoi occhi –, ed altre storie ancora,
ed altre, orrende, da corrodere
il tuo cervello e l’anima per sempre.
Tu però, soffocando nella strozza,
prima che esploda, l’urlo, sarai forte
ed uscirai. Vedi, la terra pullula
come sempre di vita, e il sol l’ingravida
della luce infinita dei suoi raggi.
Poi scenderai nelle cantine oscure
dove insozzate fûr le caste figlie
della tua gente. Sette incirconcisi
per ognuna di esse. Sotto gli occhi
della madre la figlia, e della figlia
sotto gli occhi la madre, prima, dopo
e durante l'eccidio. Con la mano
tu stesso tocca il lino fatto immondo,
guarda il cuscino: ancor lordo di sangue.
È là che belve dalla faccia d’uomo
sfogaron la lor foia, ancor grondando
l'arme di sangue, stretta nella mano.
...
...
Piangi, figliol d'Adamo? No, non piangere,
digrigna i denti, ed urla!
Appiè della città discendi, ad un verziere,
e ad un grande edificio che gli è presso:
la casa della strage.
Come stormo di gufi o di vampiri, rabidi
di sangue e stanchi, sulla preda giacciono,
giaccion sul pavimento, là, gettate
le ruote. Sono intrisi ancor di sanie
i mozzi, di materia cerebrale.
I raggi sembran dita tese a uccidere.
Di sera, quando il sole in occidente
scende tra nembi fiammei di sangue,
spingi la porta ed entra.
Il terrore t'inghiotte. È cupo. Aleggia
dintorno. Giù dai muri. Nel silenzio.
Orrore! orrore! Ancor sotto le ruote,
dove palpita carne sanguinante,
membra mutile spirano. È nell'aria.
... Una Shechina nera sfinita dal soffrire
si agita, vuole piangere, vuol gemere,
ma i singhiozzi la soffocano.
E allor, spiegando l'ali sopra l'ombre dei Martiri,
si nasconde la faccia,
e dissimula il pianto, lacrima senza gemere ...
...
...
Esci fuor delle mura, recati al cimitero.
Nessun ti veda entrarvi. Resta, solo.
Le tombe troverai colà dei Martiri:
bambini, uomini, vecchi. Sta in silenzio
in mezzo a tanti tumuli di terra
freschi, di ieri. Là, il tuo cuore sciogliersi
vorrà per la vergogna e pel dolore,
ma Io lo seccherò, sì che non versi
una lacrima sola. Non è l'ora
del pianto, ...
...
Per tali morti v'è un riscatto? E quale?
...
...
E tu, Figlio dell'Uomo, tu che fai
ancor costì? Va', fuggi nel deserto!
Fuggi, e là reca della tua tristezza
la coppa colma; là fa in mille brani
l'anima, e il cuore spezza in preda a un'ira
disperata, impotente e versa il pianto!
Imbevine le arene e rocce, lancia,
perché si sperda dentro alla tempesta,
lancia il tuo amaro, inutile ruggito!
NES Noi Ebrei Socialisti
Gherush92 Comitato per i Diritti Umani
Data: 2024-10-6
Autore: NES Noi Ebrei Socialisti e Gherush92
Commenti
Posta un commento