UN COMMENTO SULLA PARASHA' DELLA SETTIMANA
"...Non c'è nulla di più pericoloso che mascherare la contaminazione con l'abito della santità. La Terra in sé non possiede alcuna qualità intrinseca che santifichi tutto ciò che vi si fa, ma solo ciò che vi si fa ha il potenziale di conferire sacralità alla Terra". Da una riflessione sulla parashà di Masè e sulla Haftarà di Geremia, Yeshayahu Leibowitz muove una coraggiosa critica: la terra, in nome della quale alcuni compiono azioni scellerate, non è sacra di per sé, ma solo se gestita secondo le mitzvot.
Il NES condivide questa lettura critica che richiama alle responsabilità verso la Legge Ebraica contro fanatismi e derive nazionaliste.
L’interessante commento di Yeshayahu Leibowitz alla parashà di Mattot-Masè, è tratto dal suo libro “Accepting the Yoke of Heaven: Commentary on the Weekly Torah Portion”, Urim Publications, 2022 (1° edizione 1990). Il libro è una raccolta di brevi saggi sulla lettura settimanale della Torah, basati sui discorsi radiofonici di 15 minuti che l'autore fu incaricato di tenere nel 1985/86 su Galei Zahal, la stazione radio dell'IDF in Israele.
Buona lettura!
NES Noi Ebrei Socialisti
Gherush92 Comitato per Diritti Umani
Yeshayahu Leibowitz
un commento sulla parashà di Mattot-Masè
Le parashot di Mattot e Masè, che quest'anno vengono lette insieme, vengono sempre lette a metà delle Tre Settimane, tra l'inizio del periodo di commemorazione della distruzione di Gerusalemme, il 17 di Tammuz, e la fine di tale periodo, il 9 di Av. Il contenuto di queste due parashot non ha alcun collegamento con la distruzione e l'esilio, che sono i temi di queste tre settimane. Tuttavia, a queste due parashot, e quella successiva che precede sempre il 9 di Av, seguono delle haftarot che contengono ammonimenti per il popolo ebraico e profezie sulla distruzione.
La haftarà di Masè è tratta da Geremia. Non vi è alcun rapporto tra il contenuto della parashà e quello della haftarà di Geremia che annuncia la distruzione e che visse 700 o 800 anni dopo il Matan Torà. Ma al di là del fatto di avere una haftarà nelle Tre Settimane, che contenga un ammonimento al popolo ebraico per i suoi peccati e una profezia sulla distruzione della Terra d'Israele, c'è anche un importante collegamento tra un verso della parashà e uno di Geremia.
Fra gli argomenti, nella parashà vi è un severo monito contro lo spargimento di sangue, a cui segue il verso che riporta che il sangue versato contamina la terra: "Non contaminate la terra che abiterete, nella quale Io risiedo perché Io, l’Eterno, abito in mezzo ai figli di Israele" (Bamidbar 35,34). L’Eterno non abita nella terra, ma fra i figli di Israele, è questo che rende la terra significativa quando gli ebrei vi abitano. L’Eterno non dimora automaticamente in mezzo al popolo ma solo se i figli di Israele lo fanno abitare in mezzo a loro. Pertanto il verso ci ammonisce: "Non contaminate la terra che abiterete". Se l’Eterno abitasse quella terra perché è santa, come potrebbe essere contaminata da qualcuno? Qui invece ci viene detto che è possibile contaminare la terra.
Mosè aveva ammonito: "Non contaminate la terra che abiterete" (Bamidbar 35,34), Geremia, 800 anni dopo, disse: "Siete entrati e avete contaminato la Mia terra, e avete reso la Mia eredità un abominio" (Geremia 2,7). La stessa terra, che è riconosciuta come terra dell’Eterno ("la Mia terra") ed eredità dell’Eterno, non ha alcuna unicità (e santità) immanente, tanto è vero che l'azione dell'uomo può contaminare la terra dell’Eterno e rendere la Sua eredità un abominio.
Geremia non parlò solo alla sua generazione. La maggior parte degli ammonimenti dei profeti d’Israele contiene parole di verità e giustizia per tutte le generazioni e per tutti i tempi.
E quel verso di Geremia è rivolto anche a noi. Da un lato, siamo consapevoli, o almeno alcuni tra noi lo sono, di essere tornati e di star ricostruendo la nostra casa in questa terra come terra dell’Eterno e Sua eredità; dall'altro, questo non ci impedisce di dichiarare sacro ciò che sia la Torà nella parashà di Masè che il profeta Geremia considerano atti di contaminazione e abominio.
Non c'è nulla di più pericoloso che mascherare la contaminazione con l'abito della santità. La terra in sé non possiede alcuna qualità intrinseca che santifichi tutto ciò che vi si fa, ma solo ciò che vi si fa ha il potenziale di conferire sacralità alla terra.
In una famosa Mishnà, di centinaia di anni dopo, ci viene detto che "la Terra d'Israele è più sacra delle altre terre". A questo proposito, la Mishnà chiede: "Qual è la sua santità? Che si porti da essa l'omer, i bikkurim (le primizie) e il pane dell'offerta". In altre parole: è l'osservanza delle mitzvot relative alla terra che le conferisce santità; non è sacra in sé. La Mishnà non afferma che la Terra d'Israele sia più sacra delle altre terre, ma è più sacra delle altre terre in quanto in essa vengono osservate le mitzvot che possono essere osservate solo nella Terra d'Israele, come le tre menzionate nella Mishnà. E se non osserviamo queste leggi, ma facciamo l'opposto di ciò che la Torà ci richiede, la terra può essere contaminata e l'eredità dell’Eterno può diventare un abominio.
Queste parole riguardano anche noi. Dovremmo pensare a ciò che facciamo nella terra, che è destinata a essere la terra dell’Eterno e la Sua eredità.
(Yeshayahu Leibowitz)
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Data: 2025-07.24
Autore: NES Noi Ebrei Socialisti
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